Il rock secondo i DelToro. Per vivere servono i controcoglioni

Rock Band Del Toro

Il rock secondo i DelToro. Per vivere servono i controcoglioni

Il rock non sparirà mai perché prima di essere un genere musicale è uno stile di vita, quasi una filosofia. È vivere intensamente la vita, con tutte le discese vertiginose e le salite infinite, con le cadute e le risalite. Vivere rock vuol dire essere coerenti con se stessi, con la propria passione verso la musica; il rock è il sale della vita che dà sapore ad ogni cosa e che permette di affrontare le sfide quotidiane. Perché “per vivere servono i controcoglioni”.


 

Dario Ghiggi e Davide Fisciano sono due ragazzi trentenni che, dopo tanti anni di gavetta, hanno deciso di tirare fuori gli attributi e di fare della loro passione per il rock un mestiere a tutti gli effetti. Loro sono i DelToro, band rock/grunge, ma sono anche i fondatori, insieme a Brunella Ghiggi, di Mesh Hub, definito un “supporto creativo” che permette agli artisti di promuoversi e fare rete tramite gli strumenti dell’innovazione. Io e Samer li incontriamo in una splendida serata di fine giugno a Bologna, la città che li ha adottati. Ci sistemiamo nella loro sede, un coworking in un sotterraneo figo e accogliente che fa molto capitale europea, in centro città, per fare una chiacchierata e conoscere meglio i loro progetti.

“I DelToro sono un progetto ultra decennale mio e di Davide” ci racconta Dario. “La formazione è a tre, ma abbiamo di solito alternato il bassista. Ora suona con noi Luciano Sibona”.

La loro storia inizia nei primi anni Duemila, nel paesino di Varcaturo alle porte di Giugliano in Campania, dove due ragazzini vicini di casa e appassionati di Jimi Hendrix e dei Led Zeppelin decidono di cimentarsi da autodidatti con la musica; Dario suona la chitarra, Davide la batteria. “All’epoca non c’erano tutti gli strumenti che hanno i giovani oggi per ascoltare la musica. Si comprava il disco e lo si ascoltava fino a consumarlo. Da un lato le occasioni per emergere e contaminarsi erano inferiori, dall’altro lato però era una fortuna perché eri costretto ad acquisire un linguaggio musicale. E se ascoltavi tanto volte quel disco vuol dire che eri davvero appassionato” mi racconta Davide.

I due amici col tempo mettono in piedi una sala prove dove si esercitano sulle note dei classici del rock anni Settanta, ma al tempo stesso Nirvana, Soundgarden, Alice in Chains e Pearl Jam. Fino ad arrivare al 2013, anno in cui i ragazzi decidono di registrare il materiale che avevano accumulato nell’arco degli anni e di dare alla luce il primo vero lavoro dei DelToro. Nel giro di 3/4 mesi registrano le 12 tracce presso il GodFather Studio di Napoli, studio analogico dove i ragazzi trovano la visione sonora che cercavano, e si occupano della post produzione. Il lavoro è ormai pronto, ma manca qualcosa. Da qui il viaggio verso Bologna.

“Dovevamo decidere se andare fino in fondo oppure no con la band. Così ci siamo presi un po’ di tempo per capire se valeva la pena trasferirsi per cercare di fare vivere il progetto e per promuovere il nostro lavoro. Abbiamo scelto Bologna perché è in un punto strategico in Italia; inoltre ha una grande tradizione culturale e, rispetto a grandi città molto dispersive come Milano o Roma, ci sembrava l’ideale per partire.” Gli anni successivi servono ai ragazzi per farsi conoscere in città e per darsi una nuova formazione: si unisce a loro Luciano Sibona.

Sono gli anni in cui prende vita anche Mesh Hub, il loro progetto di produzione musicale che cammina indipendentemente dalla band, ma che dall’esperienza della band trae linfa.

 

“Il nostro obiettivo è quello di fare la musica che ci piace e di promuoverla con gli strumenti dell’innovazione. Ormai viviamo in un mondo dove l’artista deve pensare di essere imprenditore di se stesso; noi gli offriamo gli strumenti.” ci racconta Dario.

 

Detto fatto. Il nuovo album, “Storie di schiavi e sante” in uscita ad ottobre, è stato accompagnato da un crowdfunding su MusicRaiser per raccogliere i fondi necessari alla promozione della band tramite la realizzazione del videoclip del singolo Cenere.

 

Copertina Album Storie di schiavi e sante

Copertina Album “Storie di schiavi e sante”

 

“La campagna è andata molto bene e dire che abbiamo raggiunto l’obiettivo. Abbiamo voluto proporre qualcosa di innovativo, fuori dai soliti schemi, unendo diverse arti. Sarà il primo vero esperimento di promozione creativa di un disco reale, di una band reale”. Il videoclip sarà composto da due parti, di cui la seconda sarà girata in live perfomance durante la presentazione del disco, serata nella quale verranno esposte anche le fotografie di Simone Padelli, artista emergente, le cui fotografie saranno protagoniste anche della prima parte del video. La vera innovazione risiede nel fatto che saranno i fan e gli stessi raisers i protagonisti del video. Dario confessa: “il nostro obiettivo è quello di avvicinarci il più possibile al pubblico perché con questo disco vogliamo raccontare storie di persone. I protagonisti dei 12 brani sono pochi di buoni, migranti, tossici, pazzi, donne dai facili costumi, da qui il titolo “Storie di schiavi e sante”. Gli schiavi e le sante siamo tutti noi, ognuno di noi è schiavo in molte circostanze senza rendersene conto, ma nella nostra folle vita di schiavi riusciamo a volte a fare dei miracoli, ad innalzarci. In fondo, per vivere oggi servono dei controcoglioni seri”. Prosegue Davide: “in realtà non avevamo in mente un concept album, ma col tempo ci siamo resi conto che le storie avevano tutte un filo comune. Di fatto abbiamo tratto l’ispirazione anche dal nostro vissuto, dato che sia io che Dario abbiamo vissuto questa dicotomia tra momenti di felicità e momenti di tristezza. È un disco duro, ma è proprio grazie alla musica che abbiamo trovato spesso gli stimoli a proseguire”.

 

 

Foto ufficiale DEL TORO band

Foto ufficiale band DEL TORO

 

La musica, il rock in particolare, è uno strumento potente di comunicazione perché arriva direttamente al cuore dell’ascoltatore senza bisogno di filtri, purché ovviamente questo cuore sia aperto. Le canzoni dei DelToro non sono soltanto un viaggio musicale nelle sonorità grunge, sono parole che si intrecciano e che compongono ritratti di vita vissuta. Per tale motivo hanno deciso di scrivere in italiano e di creare canzoni molto melodiche, dove il testo ricopre un ruolo centrale. Alla nostra domanda se non sentono la concorrenza di altri generi in grado di catalizzare meglio i sentimenti della nostra epoca, il rap in primis, i ragazzi ci rispondono che hanno grande stima verso ogni forma musicale, ma che la differenza la fa sempre la qualità. “La nostra sfida principale è quella di fare bene quello che sentiamo e di trasmetterlo nel miglior modo possibile. Purtroppo si è persa la ricerca della qualità, così come la coscienza musicale da parte del pubblico. Il problema di fondo è che per molti, istituzioni in primis, la musica non è arte e non è incentivata come dovrebbe essere. Noi, nel nostro piccolo, tramite il nostro disco e il lavoro di Mesh Hub, proviamo a portare un cambiamento”.

 

Lasciamo la sede della nostra chiacchierata quando fuori è già buio e decidiamo di mangiarci una pizza in compagnia e brindare al rock ‘n roll. La musica è soprattutto questo, occasione di scambio e di amicizia, modo per socializzare e condividere emozioni. Il lavoro di Dario e Davide, così come quello di Brunella, è un lavoro di nicchia, quasi nascosto, ma è un lavoro fondamentale perché sfrutta il linguaggio e gli strumenti dell’innovazione per aprire nuovi orizzonti e far emergere lo spirito, mai domo, del rock. Per vivere serve coraggio: seguiamo i DelToro, loro ci mostrano come farlo.

Alessandro Melioli
alessandro.melioli@gigfound.com

Filosofo, classe 1991, da Reggio Emilia. Ama raccontare storie legate al mondo musicale e si impegna a supportare realtà socio-culturali nell'organizzazione di eventi. Ha collaborato con webzine (Vox, KeepOn) e radio (RumoreWeb). Nel tempo libero si dedica allo sport (calcio e basket) e alla pratica di discipline orientali (yoga). Dategli libri e musica e lo renderete una persona felice.

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