
26 Lug Nuova musica. Storica bellezza. Lo studio L’Esagono.
La produzione di un album rappresenta il massimo impegno creativo per un musicista. È quel momento nel quale tutte le emozioni, le ispirazioni, le sensazioni che vivono nell’animo trovano forma attraverso uno sforzo espressivo. Vedere inciso il proprio sentire musicale è spesso il punto di partenza di una carriera e al contempo il punto di arrivo di un lungo travaglio artistico. È dare alla luce una parte di sé, una vera e propria nascita. Nulla di diverso dalla statua per uno scultore, dal libro per uno scrittore. Eppure la musica è spesso fatta in compagnia, è frutto di contaminazioni e di lavori di squadra. Per farla in maniera professionale perciò è necessario dotarsi di collaboratori, di strumentazioni all’avanguardia, di luoghi adatti a farla germogliare. E se si vuole dare vita a qualcosa di bello la scelta del luogo non può essere casuale. Il nostro territorio racchiude eccellenze anche da questo punto di vista e uno di questi luoghi si chiama Esagono.
ESAGONO: LO STORICO STUDIO DI REGISTRAZIONE
Nelle campagne di Rubiera, in località Sant’Agata, tra Modena e Reggio Emilia, in mezzo a campi coltivati e fattorie di animali, ci si può imbattere in una vera e propria un’oasi di tranquillità. Un agriturismo, un giardino pieno di piante e di fiori, delle carrozze di treno degli anni ’30, un caseificio del Parmigiano Reggiano a forma esagonale. E in quel casello, dove un tempo si produceva una delle specialità della nostra terra, si decise più di vent’anni fa di trasformarlo in uno studio dove si produce un cibo altrettanto importante per le nostre vite: la musica. Noi di Gigfound andiamo sempre alla scoperta delle storie che si celano dietro ai posti e alle persone che amiamo sostenere con il nostro impegno. Potevamo esimerci dal visitare l’Esagono? In particolare, non potevamo non incontrarci con Stefano Riccò, fonico e produttore artistico che dallo scorso 18 giugno ha deciso di riaprire questo luogo storico e di ridargli nuova vita dopo anni di chiusura.
Per accedere al caseificio bisogna passare da un edificio attiguo tutto su un piano: è lì che ci aspetta Stefano. “Eccoci, questa è la sala di regia!” Ed è accanto a computer e mixer che decidiamo di prendere un caffè in sua compagnia per farci raccontare tutto nei minimi dettagli. “L’Esagono aprì nel 1991 dopo due anni di lavori. Qui un tempo c’era solo il casello e una casa colonica, attuale agriturismo. Fu grazie all’opera di Don Lumetti, prete visionario della zona, che fu ristrutturato l’esagono, costruita la regia e il meraviglioso parco verde che ci circonda, pieno di significati mistici. Il tutto fu realizzato dall’architetto Bellei, uno dei più quotati dell’epoca. Don Lumetti costruì questo per i ragazzi in difficoltà, ospiti della sua comunità. La sua idea era quella di far incontrare il mondo di chi aveva successo con chi non era stato altrettanto fortunato, fedele alla bellezza come valore.
Qualsiasi cosa bella può avere un futuro e andare bene, mentre qualcosa di brutto non può durare a lungo.
Se lui avesse semplicemente costruito uno studio in prefabbricato, oggi qui non ci sarebbe più nulla probabilmente. Invece, grazie al suo impegno a dare vita a qualcosa di così bello, siamo ancora qua nel 2017 con persone che vengono a trovarci e rimangono a bocca aperta. L’Esagono è davvero un luogo magico e ha la fama di portare fortuna. Ligabue qua fece il disco della svolta, Buon Compleanno Elvis del 1995, per distacco il suo album migliore a mio avviso; tutti i primi dischi della Mescal (etichetta discografica, ndr)

Logo dell’Etichetta “Mescal”
furono fatti qui con artisti che da zero riuscirono ad arrivare al successo quali Subsonica, Bluvertigo, Morgan; Biagio Antonacci registrò qui il suo disco di platino”. Questo luogo fu gestito direttamente dai ragazzi della comunità di Don Lumetti fino alla morte del Don stesso, per poi essere affittato dalla Mescal fino al 2011. Da lì in poi nessuno lo utilizzava più, fino all’arrivo di Stefano, meno di un anno fa.
“Ad un certo punto presi coraggio, lasciai i vecchi locali e decisi di investire tempo ed energie in questo luogo”.
La storia di Stefano nel mondo della musica inizia a fine anni Ottanta, a pochi chilometri di distanza. “Io sono di Correggio e sono sempre stato un grande appassionato di musica. Suonavo la chitarra, amavo il blues e artisti come Neil Young e i Pearl Jam, ma il mio obiettivo non era quello di fare il chitarrista, bensì di partecipare anche ad altri aspetti musicali. Iniziai ad avvicinarmi alla registrazione aiutando Mirko Limoni, uno dei tre Black Box insieme a Daniele Davoli e Valerio Semplici, gruppo dance che spopolava all’epoca a livello internazionale. Mirko è un tecnico e produttore incredibile anche di musica rock. L’ho conosciuto per caso tramite amici in comune quando viveva in centro a Correggio sotto Luciano Ligabue. Nel 2000 aprii il mio studio sotto casa, poi nel 2004 ebbi la fortuna di fare da assistente a Nome e Cognome di Ligabue, il quale aveva appena costruito uno studio nuovo di cui divenni fonico residente, trasferendo poi il mio studio nei suoi vecchi locali. In quegli anni, grazie all’esperienza nello studio di Ligabue, ebbi modo di collaborare con produttori del calibro di John Leckie, vincitore di un Grammy, assistente di Alan Parsons in Dark Side of The Moon, con collaborazioni anche con i Led Zeppelin, produttore di The Bends dei Radiohead. John era venuto da noi per mixare un album di Andy White. Lui è senza dubbio una mia fonte di ispirazione per cosa vuol dire produrre musica, così come lo sono stati David Frazer (produttore di Aretha Franklin e Rolling Stones, ndr) e Chris Manning (produttore dei Metallica, ndr). Feci delle esperienze straordinarie a Correggio, come se fossi andato a Londra!”
REGOLA NUMERO UNO: METTERSI IN GIOCO
È la voglia di mettersi in gioco coi giovani che spinge Stefano a lasciare lo studio di Ligabue, nel 2011, per dedicarsi completamente al suo Dude Music. “Dopo tanti anni arriva un momento in cui devi decidere se continuare ad avere un ruolo marginale a livelli altissimi o essere protagonista con realtà minori. Decisi di dedicarmi unicamente al Dude perché ho sempre adorato lavorare con band emergenti.
Certo, a volte perdi in esperienza, ma guadagni in entusiasmo e per tale motivo io mi diverto parecchio. Sono rimasto al Dude fino a fine marzo e in questi anni ho avuto la soddisfazione di lavorare con Ace degli Skunk Anansie, David Rhodes (chitarrista di Peter Gabriel, Kate Bush ndr), Roger Ludwigsen (Mari Boine) oltre che a produrre due album di Altre di B, una band indie di Bologna. Con loro ho prodotto Sport, album del 2014, mentre per l’album in uscita Miranda abbiamo registrato tutto in presa diretta e mi sono ispirato ad un suono alla Black Keys sebbene la band sia molto diversa. Ci stiamo togliendo tante soddisfazioni, abbiamo firmato per Black Candy come etichetta, abbiamo suonato in grandi festival internazionali come il Primavera Sound (Barcellona), lo Sziget (Budapest), SWSX (Austin, Texas) e a ottobre andremo a New York per il Mondo Music Festival. Altre produzioni di cui vado orgoglioso sono Frankie Magellano (due album di cui uno con i testi inediti di Pier Vittorio Tondelli) e l’album di esordio di Sara Rosaz, giovanissima cantautrice di Reggio Emilia.
L’idea di passare dal Dude all’Esagono è avvenuta in maniera casuale per Stefano, nel novembre 2016. “Sono venuto per la prima volta qua con un mio amico fonico, Andrea Sologni (bassista dei Gazebo Penguins, ndr), perché sapevamo che era libero, ma non avevamo nessuna aspettativa. Da lì non ho più smesso di pensarci. A marzo ho chiuso il Dude e ho iniziato subito i lavori di ristrutturazione perché mancavano cablature audio, l’impianto elettrico, tutte le insonorizzazioni e ho rinnovato le attrezzature.

Nuovo studio di registrazione Esagono di Rubiera
Una lavorata pazzesca conclusa il 18 giugno, giorno di inaugurazione”. L’Esagono non è solo il caseificio, è tutto il complesso che lo circonda. “L’anima dello studio è lì, nel casello, dove si ha una qualità sonora altissima perché ha una forma e un’altezza ideali, dato che fu concepito come una chiesa in miniatura. Poi la regia è in questa stanza, la quale si collega al casello da due piccoli corridoi e da due vetrate. Anche qui la qualità acustica è perfetta e ciò fa di me un fonico felice. Obiettivo era quello di avere una gran elasticità tecnica per avere più opportunità di registrazione in base alle esigenze del disco. Non è necessario infatti che la band registri tutta insieme nell’esagono, ma ci si può dividere tra sala relax, tra i corridoi, in sala regia o addirittura in bagno perché è tutto cablato. Abbiamo poi uno studio B vicino l’ingresso, dotato di sistema Pro Tools HD3 che può essere una postazione di editing, pre-produzione o registrazione di tastiere”.
PROFESSIONE PRODUTTORE ARTISTICO
La nostra chiacchierata è piena di aneddoti e di riferimenti storici. Basta alzare la testa dal monitor di regia che si rimane colpiti da due dipinti di Jimi Hendrix e Frank Zappa, quasi fossero i numi tutelari del lavoro degli artisti e del produttore dell’Esagono. Ma di fatto, di che lavoro si occupa il produttore artistico? E come la tecnologia sta cambiando questa professione?
“In molti ambienti, incluso quella musicale, la tecnologia ha comportato un grosso cambiamento, dato che al giorno d’oggi tutti possono avere a disposizione strumenti all’avanguardia. Per esempio, quando suonavo io potevamo permetterci al massimo un quattro piste a mangianastri, il resto era fuori portata. Ora invece si può trovare un sequencer multitraccia a prezzi accessibili; chi ha del talento ha più opportunità per emergere grazie a questi strumenti. Tuttavia ci sono anche altri effetti meno positivi: più disponibilità non vuol dire necessariamente più qualità, così come avere una fotocamera sullo smartphone non fa di noi dei fotografi. Ciò che conta è come una persona utilizza gli strumenti, con la sua esperienza e la sua creatività. Non bisogna inoltre cadere nell’errore che si può fare tutto da soli, senza divisione dei ruoli tra fonico artista ed eventualmente produttore. Certo, in certi generi come l’elettronica si possono fare produzioni professionali nel proprio home studio, ma in generale è necessario che tutta la filiera sia professionale (microfoni, insonorizzazioni, ecc…) e se si vuole fare un lavoro di qualità è necessario circondarsi di altre figure, le quali possano dare un parere esterno, neutrale e professionale. Si sa che ogni figlio è perfetto agli occhi del genitore, così come i propri brani e i propri arrangiamenti lo sono per l’artista. Ed è qui che interviene il produttore. Fondamentale fin da subito è instaurare un rapporto di fiducia, sia da parte della band che sia in grado di accettare critiche costruttive e che le senta come un valore aggiunto e non come una perdita di autenticità della propria opera, sia da parte del produttore che si limiti a fare il proprio lavoro e che non si intrometta troppo nel processo creativo della band.
Il produttore non è l’artista, ma è come un allenatore,
il quale non scende in campo ma è necessario per la squadra. Il suo scopo è ottimizzare il lavoro della band e trasformare la loro musica live in disco raggiungendo l’obiettivo sonoro stabilito all’inizio insieme all’artista. Bisogna essere sempre al servizio del musicista, in modo professionale. Il produttore artistico dei Pearl Jam non andrà mai da Stone Gossart a dirgli come fare un re!”
Da qui la curiosità: come si sceglie il produttore?
“Premesso che io non mi definisco produttore artistico perché come insegna il grande Steve Albini (produttore, tra gli altri, dei Nirvana, PJ Harvey, ndr), spesso i produttori rovinano i dischi e le band. Innanzitutto bisogna capire di che cosa si ha bisogno, se di un produttore, di un fonico o di un arrangiatore. Alcuni produttori come Corrado Rustici sono anche arrangiatori, ma di solito sono ruoli separati. Dipende poi che tipo di disco si vuole fare. Si può volere trasferire un live il più identico possibile su disco, come i Rolling Stones per esempio, suonando al meglio e con poche sovraincisioni, basi o sequenze. Oppure si può fare un disco stile Kasabian, rock ma con molta produzione. Più complicato, ma personalmente più divertente. Infine credo che le collaborazioni non debbano essere troppo lunghe, per quanto ci si possa trovare bene. Dopo un po’ è bello cambiare”.
Decidiamo di alzarci e di sgranchirci un po’ le gambe, dando un’occhiata ai locali e terminando la nostra conversazione facendo digressioni sugli obiettivi futuri di Stefano e dell’Esagono. “L’inizio della nostra avventura è stato esaltante e stiamo ancora scoprendo le caratteristiche sonore del luogo!
Il mio obiettivo da adesso in poi è di produrre ottima musica stando bene.
Non mi interessa portare qui artisti affermati, ma coltivare la passione per la musica e per il bello. Nei prossimi mesi vorremmo iniziare ad animare questo luogo con concerti, sia all’interno con house concerts dove porteremo band che suoneranno davanti ad una quarantina di persone per regalare un’esperienza sonora di altissima qualità, sia all’esterno nei locali adiacenti, come desiderava all’inizio Don Lumetti. Obiettivo è di riportare questo luogo al fine per cui era stato pensato”.
Entrare nell’Esagono vuol dire effettivamente entrare in luogo speciale, quasi come se si facesse l’ingresso in un tempio dove la musica viene adorata con passione e rispetto. “Come un vino di qualità lo si gusta meglio con un bicchiere dalla forma appropriata, in un posto ameno, circondato da sommelier professionali, così la musica necessita di spazi adeguati dalla nascita fino alla performance finale” aggiunge Stefano, prima di lasciarci con una calorosa stretta di mano. Qui tutto è studiato per poter fare un’esperienza artistica nel bello: dal vano caldaie pensato per diventare palco rialzato ed ospitare band live sul tetto, agli orti che all’occorrenza possono diventare platea per il pubblico, fino allo stagno con ninfee e rane, discendenti delle celebri coriste di Rane a Rubiera Blues di Buon Compleanno Elvis. Sì, dopo la nostra visita ne siamo ancora più convinti: l’Esagono è il luogo giusto per celebrare la bellezza.
No Comments