
18 Ott Gigride. L’innovazione al servizio della musica live
Quante volte ci è capitato di avere voglia di pizza per cena ma di non avere intenzione di uscire di casa per andare a prenderla? Magari è una serata fredda, piovosa, in una grande città come Londra. Troppo tempo, troppa distanza, troppa fila. Becchiamo anche il telefono occupato. E finiamo per farci un brodino sciapo con tanto di sguardo di compassione del nostro gatto, il quale si lecca i baffi dall’alto delle sue prelibatezze per felini. In questo caso l’innovazione ci viene in aiuto: sono decine le app che ci consegnano la nostra amata pizza direttamente a casa. Noi dobbiamo solamente metterci comodi con le pantofole ai piedi e una birra ghiacciata in mano. Al resto ci pensa la tecnologia.
C’entra qualcosa tutto ciò con la musica? Di sicuro la pizza è amata da molti artisti, quindi forse sì. Ma non è questo il punto. Quello che ci interessa riguarda le modalità con cui si può prenotare la pizza. Come la ristorazione, anche l’industria musicale è stata attraversata da un grosso cambiamento tecnologico nell’ultimo decennio. Molti corpi intermedi che fungevano da snodi imprescindibili per la fortuna di un artista, pensiamo alle agenzie di booking, a quelle di stampa, alle etichette, hanno dovuto cambiare strategia per tenere il passo con l’innovazione. Tramite un servizio online infatti si può arrivare direttamente all’interessato senza passare dall’intermediario.
Come si può decidere in pochi secondi se prendere una capricciosa oppure una margherita, così si può organizzare un concerto per il proprio locale o per la propria band con la stessa facilità. Perché no? È stata questa l’idea creativa che ha mosso due ragazzi originari di Belluno, ma trapiantati da anni nella capitale inglese, a dare vita ad una realtà che potesse far incontrare artisti e locali in maniera rapida e immediata. Loro sono Marco Santesso e Oscar Ortega e la loro creatura è Gigride. Quando organizzare un concerto è facile come ordinare una pizza.
“Aspetta un secondo, chiudo la finestra altrimenti scappa il gatto!” La voce di Marco si interrompe per qualche attimo, per poi ricomparire da dietro lo schermo del computer. Stiamo chiacchierando su Skype, lui nel suo appartamento londinese, noi nella nostra Reggio. Linea diretta tra start up musicali. Siamo sempre stati attratti da chi fa della musica il proprio mestiere con dignità e creatività, per questo conosciamo i fondatori di Gigride da tempo. Fin da subito abbiamo visto in loro un punto di riferimento per Gigfound, a maggior ragione adesso che la loro realtà è in costante crescita. Mossi dalla curiosità, non potevamo non richiedere ai ragazzi di raccontarci come sta procedendo il progetto e di poterlo condividerlo con tutti i nostri lettori. Certe storie meritano di essere raccontate.
CHE COS’É GIGRIDE?
Tempo di far rientrare il gatto e chiediamo subito a Marco di raccontarci in che cosa consiste Gigride, in particolare la loro proposta di valore.
“Siamo un marketplace online per musicisti, locali e promoter per organizzare concerti”.
“Noi ci rivolgiamo a qualsiasi tipo di artista, dall’emergente al professionista, ma per ora preferiamo concentrarci con gli emergenti perché siamo solo agli inizi ed è più facile trovare concerti per loro. Lo step successivo sarà poi spostarci sui professionisti. La proposta di valore consiste nel fatto che con un semplice click il musicista si ritrova su browse gigs, dove potrà già trovare una lista di concerti in cerca di band. Quindi basta filtrare per il proprio genere e si può fare domanda. Si saltano davvero tanti passaggi, è molto diretto. Per questo motivo abbiamo deciso di usare come motto we want to make arranging a gig as easy as ordering a pizza! È anche un modo per evitare lo spam. Al locale arriva la richiesta in base alla propria esigenza e può vedere subito il profilo della band coi relativi feedback e la discografia su Bandcamp o Soundcloud. Con un semplice click il locale può accettare o rifiutare la proposta”.
IL PERCORSO MUSICALE E PROFESSIONALE DI MARCO
L’idea di Marco nasce col tempo ed è frutto della sua esperienza decennale nel mondo della musica. Qual è stato il suo percorso? “Iniziai da piccolo a suonare il pianoforte al conservatorio, che frequentai per cinque anni. Poi decisi di specializzarmi sul pianoforte blues, ma non c’erano maestri a Belluno, per cui scelsi di suonare la chitarra perché aveva in comune le stesse note del piano. Decisivo fu il quarto anno di scuola superiore quando andai per un anno in America. Lì ebbi modo di suonare tantissimo la chitarra e di perfezionarmi sui pezzi dei Guns N’ Roses, dei Led Zeppelin, dei Doors e di tutto il glam rock. Quando tornai a Belluno formai una band con il mio vicino di casa, che è un batterista. Ci chiamiamo Siadefse. Nella band passai a suonare i sintetizzatori, dato che come genere facciamo un rock elettronico, abbastanza pop e con basi ballabili stile Muse. Agli inizi suonavamo molto in Veneto e vincemmo anche un contest, Giovani di Note. Con quel premio noleggiammo un pulmino per un piccolo tour in Olanda e ci pagammo la registrazione di un album. Poi col tempo gli impegni ci portarono via da casa, ma la band è ancora attiva nonostante siamo sparsi per motivi professionali. L’ultimo live lo abbiamo fatto al matrimonio del fratello del bassista ad agosto!”
La musica per Marco è soprattutto passione. Una passione che è stata portata avanti accanto al percorso di studi universitari in economia. E qui avviene il trasferimento a Londra. “Feci una triennale in Economics and Management a Venezia, per poi proseguire gli studi in America. Mi trasferii qui a Londra nel 2012 per frequentare un master in International Health Policy. Economia della sanità. Nulla di più lontano dalla musica! In quegli anni feci tanti lavoretti per mantenermi, come l’agente immobiliare per esempio. Tutte esperienze diverse tra loro, ma fondamentali per imparare a conoscere il mondo del lavoro. La prima esperienza nel mondo delle start up invece fu con Payleven, una start up per pagamenti online che sfrutta un dispositivo bluetooth da unire allo smartphone. Nel giugno 2016 decisi poi di dedicarmi a tempo pieno a Gigride, fino ad allora solo un’idea imprenditoriale. Feci questo passo in seguito all’acquisizione di Payleven da parte di una realtà più grande che mi chiedeva di trasferirmi a Berlino. Non me la sentivo, perciò mi licenziai ed osai. Nacque così Gigride”.
COME NASCE GIGRIDE
Nella carriera di Marco la passione musicale e quella imprenditoriale sono sempre andate di pari passo. Gigride infatti è la sintesi di tanti anni di studi ed esperienze. Ma che cos’è che ha fatto scattare la scintilla dalla quale ha preso vita questa impresa? “Tutto ebbe inizio nel 2008. Alla fine delle superiori, invece che fare il solito interrail, avevo deciso con la mia band di fare una serie di concerti ad Amsterdam e a Leida grazie ad una band olandese conosciuta su Myspace. È stata un’esperienza molto divertente! Parlando coi miei amici musicisti ci rendemmo conto che eravamo tutti gasati dall’idea di organizzare tour e concerti tra gruppi senza passare da un’agenzia. Da lì il passo successivo è stato quello di pensare ad una piattaforma online”.
La svolta arrivò nel 2012. “Il progetto era solo su carta perché ero da solo all’inizio. Fu grazie all’incontro con altri startuppers qua a Londra che incominciai a pensare che fosse possibile. Qui è tutto più facile: per dire, con 16 pounds puoi aprire una Ltd. Poi un anno e mezzo fa conobbi Oscar e decisi con lui di iniziare a facilitare concerti. Il primo passo fu la creazione di un form da mandare a band e locali con lo scopo di far incontrare domanda e offerta. Serviva anche a noi per avere feedback sull’idea imprenditoriale. Dopo averne organizzati quasi una settantina, a novembre ci dotammo di un sito per gestire al meglio il numero crescente di eventi.
Da quel punto ad oggi abbiamo 2000 utenti in costante crescita, di cui 1600 musicisti (più di 1300 inglesi, 135 italiani) e più di 300 organizzatori.
Siamo riusciti a coinvolgere realtà importanti come l’Hard Rock Cafè di Londra e i Pirate Studios, rete di studi su tutto il territorio inglese usati anche dalla BBC”.
All’orizzonte si prospetta sempre più lavoro per Gigride. Più soddisfazione, ma anche più impegno e più fatica. Per questo motivo i due soci hanno deciso di farsi aiutare da altri collaboratori per dare vita ad un vero e proprio staff. “Il gruppo è composto da me e Oscar, i due co-founder, e Tim Lewis, il non-executive director, che è con noi da 6 mesi. Lui in realtà di mestiere fa il mentore per start up, ma ha davvero una gran cultura musicale, superiore quasi a noi founder. Non potevamo lasciarcelo scappare! Abbiamo poi collaborato mesi fa con un giovanissimo developer, Dan Steele founder di Omnidev, poco più che ventenne, per il sito. Davvero bravissimo!”
CONCERTI UK-ITALIA, CONNUBIO VINCENTE
Mentre chiacchieriamo veniamo interrotti da una sirena. In lontananza si sentono degli elicotteri. La realtà di Shoreditch entra nel nostro pc con tutto il suo dinamismo, a differenza nostra che parliamo con gli uccellini di sottofondo e la campagna emiliana alle spalle. Italia e Londra, due realtà diverse ma molto vicine grazie agli sforzi di Marco e Oscar. Numerosi sono infatti gli scambi tra artisti italiani e inglesi. “Strano a dirsi, ma sono molte di più le band che siamo riusciti a portare dagli UK all’Italia che non viceversa! Di italiani abbiamo aiutato un ragazzo di Belluno, Il Pesce & Bros, a trovare quattro date a Londra. Essendo un single songwriter non abbiamo avuto problemi logistici. È stato poi ospitato da amici, per cui ha speso solo di viaggio. É stata un’esperienza molto importante, nonostante qui i locali difficilmente paghino. Penso che si possa replicare con altri artisti italiani, soprattutto quelli che fanno elettronica, i quali non hanno troppa attrezzatura da spostare. Sempre dall’Italia abbiamo incontrato qui a Londra gli Hermetique Garage, band di Mestre che si era organizzata un mini tour grazie alla nostra app. Li abbiamo scoperti quasi per caso tramite i social e da lì siamo diventati amici. Vedete, Gigride crea relazioni!”
“Viceversa, la prima esperienza con una band inglese in Italia è stata la scorsa estate coi Pastel Frontier di Oxford. Per noi si trattava di un test perché non sapevamo cosa volesse dire organizzare un tour con una band straniera. É andata benissimo! Li abbiamo ospitati a casa mia a Belluno e coi cachet dei concerti si sono ripagati il viaggio. Grazie a questa esperienza ci siamo anche resi conto che conviene molto di più organizzare un concerto con una band straniera emergente in provincia piuttosto che in una grande città. Si tratta di un vero e proprio evento per un paesino!!
C’è molta più curiosità verso la band “esotica” in provincia, curiosità che porta l’intero paese, grandi e piccini, al concerto. Tutti uniti nel nome della musica!
Grazie a queste iniziative si creano poi legami profondi tra artisti e gente del posto al punto che le band decidono di ritornare anche negli anni successivi in vacanza, come è avvenuto per i setti gruppi che abbiamo portato quest’anno ad un piccolo festival tra i boschi del bellunese a Pian de Castaldi. In queste circostanze le band si gasano. Il vino e il divertimento fanno il resto!”
L’IMPATTO DI GIGRIDE SULLA SCENA LIVE
Grazie a realtà come quelle di Gigride le differenze tra scene molto lontane tra loro come quella inglese e quella italiana vengono appianate attraverso il linguaggio universale rappresentato dalla musica. Unite dall’impatto fondamentale della tecnologia. “La grossa differenza tra i live qui e in Italia risiede nel fatto che mentre il locale italiano prevede sempre un rimborso minimo alla band, anche se emergente, a Londra invece non si concorda un cachet prima del live, ma i concerti sono gratuiti oppure si mette un biglietto d’entrata dal prezzo minimo. Il totale degli incassi viene poi smezzato tra artisti e locali. Per tale motivo Gigride fin da subito vuole essere gratuita, sia perché non possiamo entrare in queste dinamiche economiche, sia perché il nostro scopo è creare massa critica per sostenere la scena. E ci sembra giusto farlo senza richiedere un pagamento. Solo col tempo metteremo un servizio “premium”, dove chiederemo alle band e ai locali di fare una subscription. Per esempio, la band ha due concerti gratis al mese oltre al quale vengono richiesti 4,99 pounds per organizzarne altri. Ai promoter invece ne viene concesso solo uno gratuito, per poi pagare 50 pounds”.
Obiettivo di Gigride è anche quello di andare oltre a meccanismi anacronistici che dominano ancora l’industria musicale per creare maggiori contaminazioni tra artisti. Marco aggiunge: “per farlo è necessario avere prima di tutto massa critica. A quel punto la vera innovazione sarà rappresentata dai ratings. Come un tempo non si facevano acquisti online perché si preferiva comprare solo dalla persona di fiducia, così adesso coi feedback posso fare acquisti dall’altra parte del mondo purché il venditore abbia delle alte valutazioni. In questo modo speriamo che il locale non si affidi più alle solite persone note, ma che premi chi ha più ratings sulla nostra app.
Viceversa, una volta che una band si affida a noi gratuitamente non ha più bisogno di pagare un’agenzia. Possono avvenire più scambi e contaminazioni per sostenere con nuova linfa la scena indipendente.
Questo non implica che le agenzie vengano messe da parte, anzi! Molti promoters utilizzano la nostra app dove caricano i loro roster. É logico che per realtà più grandi oppure legate ad un genere musicale particolare le agenzie sono fondamentali. Ma il nostro cliente di riferimento rimane l’artista e tutti coloro che lavorano con qualità e senza sfruttare nessuno”.
LA WEB RADIO. GIGRIDE ON AIR!
Gigride è innovazione, cioè utilizza i mezzi che la tecnologia mette a disposizione per creare nuovi mondi. L’uso dei media perciò è fondamentale. Fiore all’occhiello del servizio di Gigride è la comunicazione transmediale: “alle band noi offriamo un servizio completo e gratuito. Pubblichiamo le loro foto sui social, raccontiamo le loro storie sul blog e trasmettiamo la loro musica con la web radio. Nella creazione dei podcast siamo agevolati dal fatto che qui in Inghilterra le licenze radio equivalenti alla nostra Siae costano 300 pounds all’anno contro i circa 1500 euro italiani. Per la creazione dei podcast usiamo il materiale che ci inviano le band, archiviato in giga di musica. Ci penso io ad ascoltare le canzoni, classificarle e a raccontarle in radio! Inoltre ogni tre settimane facciamo uscire una playlist divisa per genere da 10 ore di musica l’una.”
CONSEGUENZE SULLA SCENA LIVE CON BREXIT?
La nostra chiacchierata si protrae a lungo perché sono innumerevoli le nostre curiosità. Bisognerebbe incontrarsi di persona con Marco. E qui il quesito sorge spontaneo: sarà ancora possibile recarsi a Londra liberamente per ascoltare della buona musica dopo la Brexit? “Non si sa ancora bene cosa stia succedendo. Qui a Londra tutti quelli che conosco hanno votato contro l’uscita, per cui non ho un punto di vista obiettivo. So che molte imprese hanno spostato i loro affari a Berlino, soprattutto a livello di start up musicali. Credo però che Berlino sia più adatta per la scena elettronica, qui invece va per la maggiore la musica live. Basti pensare che ogni locale ha un palchetto per una band!
Dico solo che mi dispiacerebbe molto se per colpa di visti e dogane non si riuscisse più a creare scambi tra band italiane e inglesi, come abbiamo già fatto. Sarebbe terribile.
Speriamo che la musica continui ad unire le persone. Per ora ciò che ci preme è continuare a fare eventi e aumentare sempre di più il nostro database, con o senza Brexit!”
Ci salutiamo quando la luce fuori dalla finestra inizia a calare, lasciando ombre sempre più lunghe e una temperatura più fresca. È ormai ora di cena. A loro il nostro augurio di buona fortuna per un progetto tanto ambizioso quanto affascinante. La strada è ancora lunga, ma lo spirito è più vivo che mai perché, in fondo, organizzare concerti è davvero un piacere. Quasi come gustarsi una pizza calda appena sfornata e giunta in un batter d’occhio attraverso un servizio di qualità. In compagnia degli amici e delle persone a noi care. Oppure anche soli col gatto. Basta che non ci tocchi inseguirlo fuori dalla finestra, lì non c’è app che tenga!
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