
08 Nov Earthtone. Pedali dal cuore analogico
È un martedì mattina di fine ottobre. Sono nella zona industriale di Sassuolo, immerso nelle prime colline emiliane tra ceramiche e officine meccaniche. Ho un appuntamento con Gianluca Gabrielli di Earthtone, impresa locale specializzata in pedali per chitarra. Il nostro navigatore sembra impazzito: mi ha condotto fin qua, ho un indirizzo, ma al posto di quello che cercavo trovo un centro revisione Fiat. Tute blu e morsetti; gli unici pedali che noto sono quelli dell’acceleratore, freno e frizione. All’improvviso vedo sfrecciare nel parcheggio dell’officina una 500 azzurra, coi loghi colorati di Earthtone sulle fiancate. Mi lancio all’inseguimento e scopro un ingresso al piano superiore. Ecco Earthtone! Entro in punta di piedi dentro un grande studio di registrazione, con laboratori e sale prove. Un vero e proprio paradiso per musicisti. Ed è sulla scala che porta al luogo speciale dove nascono i pedali per chitarre, mentre ridiscendo, che incontro Luca con in braccio uno scatolone di mobili per arredare lo studio. “Se ti va puoi aiutarmi a portare su questo, è davvero pesante! Earthtone è una grande famiglia, tutti danno una mano!”
Umiltà. Dignità. E soprattutto passione. Sono queste le parole che uso per introdurre la realtà di Earthtone, molto più che una semplice impresa che produce pedali. Perché di fatto, come ci tiene a dire fin da subito Luca, loro non sono un’impresa. E nemmeno fanno prodotti. Earthtone è un soprattutto un luogo dove le relazioni tra persone vengono messe al primo posto affinché possano nascere contaminazioni, creazioni, amicizie, emozioni. In poche parole: musica.
“Abbiamo quattro band che collaborano con noi, diamo loro le chiavi ed entrano quando vogliono! Ieri per dire era qua Fry Moneti (musicista dei Modena City Ramblers, ndr)” mi racconta Luca mentre andiamo a gustarci un piatto caldo per pranzo. Pranzo rigorosamente a base di tortelloni Vecchia Modena, come vuole la tradizione. Earthtone infatti è anche legame con il territorio, è fierezza delle radici, è un filo rosso che lega l’innovazione all’artigianato storico di qualità. “Ogni nostro pedale è al 100% Made in Italy. Anzi. Fatto a Sasôl!”
Luca, raccontaci un po’ di te.
“Sono nato a Modena, ma sono cresciuto qui a Sassuolo perché i miei genitori lavoravano in ceramica. Qui la ceramica è tutto, anche l’indotto delle altre professioni dipende da questo settore. Mio padre ha fatto 50 anni alla Marazzi Group. Lavorava in officina, creava brevetti che metteva al servizio della collettività. All’epoca si aveva un grosso senso comunitario, ci si sentiva parte di qualcosa, anche in fabbrica. Questo valore è rimasto anche a me e l’ho trasferito ad Earthtone. Mio zio invece ha un’officina meccanica, quella che hai visto poco fa, nella quale lavoro anche io. Grazie a lui ho imparato ad amare il lavoro manuale, fondamentale per l’idea di creare pedali per chitarre.”
Quando nasce la passione della musica?
“Ho sempre amato la musica, fin da quando avevo 16 anni. All’epoca suonavo la chitarra ed ascoltavo molto metal: Iron Maiden, Helloween, Anthrax, tutto il power metal degli anni Ottanta. Avevamo una band, ci chiamavamo Will ‘o’ Wisp. Eravamo stregati dagli Iron Maiden e cercavamo un suono il più vicino possibile al loro. Ci capitava anche di andare a vedere altre band e ci incuriosivano molto le scatoline che usavano insieme alle chitarre per fare suoni distorti. Erano soprattutto boost. Da lì è nato il sogno di avere un pedale tutto nostro, dato che all’epoca c’erano solo pedaliere multieffetto Roland, dove il suono perdeva un po’. Per cui con un amico elettronico abbiamo iniziato a costruirci il nostro distorsore a partire dai kit in uscita con la rivista “Nuova Elettronica”. Altri tempi! Da trent’anni porto avanti questa passione insieme al mio tecnico. Io ricerco il suono, lui si occupa dell’aspetto elettronico.”
La tua carriera musicale però è proseguita?
“Sì certo! A fine anni Novanta abbiamo fondato i Jolly Roger, una cover band con la quale abbiamo suonato parecchio, quasi 500 date in 4 anni. Avevamo addirittura un blog e un fan club che ci seguiva ovunque. Col tempo è diventata la nostra famiglia! In quel periodo ho lasciato anche la mia attività di responsabile tecnico dell’officina per dedicarmi a pieno all’attività musicale. Lavoravamo con la Union Sound, agenzia di Boretto, con la quale proponevamo canzoni anni Ottanta rifatte in chiave rock. Con loro ho deciso di dedicarmi alla voce perché non mi sentivo così talentuoso come chitarrista. La mia bravura invece era nel cantato dove potevo esprimermi meglio. È stata davvero una gran bella esperienza per due motivi: innanzitutto lì ho capito davvero cosa volesse dire fare il rocker. Per esempio, può capitare di salire su un palco dopo tante date, magari sei senza voce e devi trovare un modo per portare in fondo il concerto al meglio. Non è facile! Sono esperienze che ti formano. Grazie ai Jolly Roger poi mi sono reso conto che un progetto, per quanto ambizioso sia, diventa volgare se tu pensi solo a portare a casa due soldi. Vale invece il contrario: se le cose vengono fatte con passione è anche più probabile che hai un ritorno economico. Bisogna credere in quello che fai come se fosse una missione, con gioia e bellezza.”
Sono questi i valori che ti hanno mosso anche nella creazione di Earthtone?
“Esattamente. Ho sempre cercato di inseguire il valore della bellezza in tutto ciò che facevo. Non semplicemente la bellezza estetica, a volte effimera, ma la bellezza che nasce dal fare le cose con intelligenza e spirito. Quella che ti fa andare in profondità, che ti trasporta in un luogo dove tu non sei padrone. È la sensazione che senti quando parli con una bella persona, quando senti una canzone che ti emoziona. Fondamentale in tutto ciò è l’improvvisazione creativa. Improvvisando l’uomo ha tirato fuori le cose più belle dell’esistenza. Prendi Einstein: lui diceva che la teoria della relatività è nata un giorno in cui si è immaginato un pensiero, un raggio di luce che andava fino al sole e tornava indietro. Dietro a questa illuminazione ci ha costruito un pensiero in termini matematici. Se non fosse arrivato quel pensiero? Se non si fosse reso conto della bellezza? Einstein amava la bellezza, viveva la bellezza, sentiva quanto fosse relativa la bellezza. Aveva già il suo progetto in testa, doveva solo svilupparlo. Io dico: dobbiamo innamorarci della bellezza, dobbiamo portare avanti la bellezza. Questo è quello che mi ha spinto a creare una realtà come Earthtone”.
Come definiresti Earthtone? E la scelta del nome come è avvenuta?
“Earthtone è un open source project. È un progetto aperto a qualsiasi sorgente. Non è una ditta e io non sono il boss. Mi definisco la chiave che apre la porta, ma non sono né la porta né lo stabilimento. Centrale nel progetto è l’idea che ognuno possa esprimere il proprio talento attraverso il suono. Il mio talento, per esempio, era quello di creare relazioni mediante la mia passione, cioè cantare. E da lì sono riuscito a circondarmi di persone con le quali stiamo bene insieme perché condividiamo una passione. Sono tali rapporti che danno energia al progetto. Il suono infatti è vibrazione, è come una nota che si instaura tra due persone e più persone insieme sono come un’orchestra. Ognuno è una nota che vibra dentro ad Earthtone. Questo per me è un open source project. Per il nome invece non so dire come sia venuto fuori Earthtone. Così come il logo, è stata un’intuizione. Io l’ho disegnato, poi la grafica l’ha messo in bella. I caratteri richiamo un po’ gli anni Sessanta/Settanta. Volevo trasmettere il cuore analogico di Earthtone, rifacendomi agli anni di massima ispirazione nella storia del rock.”
Quando è iniziata ufficialmente la vostra avventura?
Earthtone è nata intorno al 2012. Come ti dicevo, da quasi trent’anni ero incuriosito dai pedali, una vera passione. Mi interessava soprattutto fare ricerca su sonorità che si ispiravano agli anni d’oro del rock. Abbiamo iniziato poi a fare delle fiere del settore e ci siamo resi conto che, anche se il panorama musicale si stava adeguando ai cambiamenti tecnologici, rimanevano però fermi dei concetti legati al passato. Ad esempio, il fuzz. Il fuzz suona distorto, oserei dire “scrauso”. Deve piacere. Se ti serve un suono nitido stile Iron Maiden non lo metti, ma è affascinante. Così ci siamo chiesti: perché non creare una linea di pedali tutti uguali?”
Di fatto sei tu l’ideatore dei pedali. Da che cosa parti? Da un’intuizione? Oppure da una richiesta di un cliente?
“Di solito vado a fare un giretto coi miei cani per i campi della nostra Sassuolo e mi lascio influenzare dai concetti naturali. Lascio che emergano delle immagini. Oppure molte idee nascono dall’incontro con altre persone. Solo dopo mi apro al mercato per capire se l’idea può essere interessante, grazie al tecnico che traduce l’idea nel suono concreto. A me piace di più il lavoro che c’è dietro alla creazione che la creazione in sé. Uno dei primi pedali che abbiamo fatto si chiama Coffee Tube perché mi sono reso conto che la gente parla di musica come parla di cibo: “è un suono cremoso, è un suono molto acido, è fluido, piccante”. Mi sono chiesto: cosa c’entra? È un’analogia. Noi non possiamo spiegare a voce i suoni, siamo costretti a raccontarlo a voce con concetti legati alle sensazione che ci crea. È come se la parola digitalizzasse il suono per far capire all’altro di che cosa stiamo parlando. Il suono non è solo un suono, tocca più sensi. Da qui l’idea del Coffee Tube, che è un overdrive che attraverso una valvola dà l’idea di avere il sapore di un buon caffè in bocca. Noi di Earthtone ci siamo dati l’obbligo di portare fuori un carattere: usare il nostro Coffee Tube è come bere un espresso italiano di qualità.”
Coffee Tube è solo uno dei tanti pedali in catalogo.
Certo, da lì in poi siamo andati avanti. Abbiamo fatto il Pepper, che volevo fosse un pochino più piccante, caldo. Come mangiare un’Arrabbiata. Oppure il boost che incrementa il segnale che si chiama Gioia: perfetto bilanciamento di un suono pulito con equilibrio tra alti e bassi che nell’insieme delle armoniche definiscono in che settore ti vai a posizionare (country, blues, folk, classica, ecc…). Il pedale stesso ti aiuta a esprimere quel sentimento. C’è l’overdrive Sicilia, un po’ difficile da usare ma quando scopri come funziona ti regala emozioni uniche. Enzo invece è un overdrive distorsore, pedale che rende l’idea di spingere sull’acceleratore come se andassi su una sportiva italiana. Come vedi ogni pedale ha la sua identità, la sua storia che influenza il suono. Il pedale Earthtone va conosciuto, devi starci insieme, non è un pedale immediato, non ti dà già tutto subito.
Esatto, spiegaci un attimo come funziona un pedale Earthtone. Che cosa lo rende unico rispetto agli altri prodotti sul mercato?
“Devi sapere che l’orecchio in genere ha una memoria di 2/3 secondi, è la prima parte del corpo che si forma a livello embrionale. Dopo 3 secondi il suono si perde, per cui per avere un prodotto sonoro di qualità sei costretto ad un lavoro profondo. Per ottenere ciò noi semplicemente mettiamo delle variabili non calcolate, cioè non utilizziamo software che modificano la modulazione di frequenza in base ai parametri, ma sfruttiamo solo la casualità di due componenti che interagiscono tra loro infinite volte e che variano da pedale a pedale. Per questo i nostri circuiti sono molto semplici ma efficaci. I nostri prodotti sono totalmente progettati da noi, partiamo dall’idea di un suono e facciamo esperimenti per ottenerlo. Ci si lavora ore e ore. Non sai quante volte ho fatto disperare il mio tecnico! Da qui la nostra definizione di cuore analogico: cerchiamo un’analogia, un suono e lo raggiungiamo con la maggior semplicità possibile. Ogni pedale è come se avesse un vero cuore: ogni fuzz una sua anima, ogni transistor la sua verità, ogni valvola la sua identità. L’orecchio del chitarrista coglie delle finezze, non puoi fingere!
Alla luce di quello che mi stai dicendo, si capisce che ci tenete molto alla qualità. Quanto conta perciò la tradizione artigianale italiana, nota nel mondo per la qualità che ci contraddistingue, nel vostro lavoro?
“È fondamentale. Tutto ciò che facciamo vogliamo che sia di qualità. Noi siamo italiani e noi italiani non facciamo cose seriali o low cost. Abbiamo una storia incredibile alle spalle che ci fa essere chi siamo. Abbiamo una capacità di immaginare che è straordinaria rispetto a tutti gli altri paesi. Siamo curiosi. Vogliamo vedere dentro le cose come sono fatte. Basti pensare alla nostra storia dell’arte. Spesso non ce ne rendiamo conto, ma siamo in una situazione incredibile di confluenza di popoli ed eventi. Siamo fortunati e dobbiamo esserne riconoscenti. Per questo ci teniamo a rimanere legati al territorio e a mostrare che il nostro è un Made in Italy. Tutte le parti sono prodotte e assemblate qua in Emilia. E nonostante questo i prezzi dei nostri pedali sono nella norma.”
Earthtone è anche uno studio di registrazione per musicisti. Raccontaci che rapporto avete coi vostri artisti.
“Noi trattiamo gli artisti con molta riverenza perché l’artista è un individuo che ha in sé una capacità straordinaria di sviluppare la creatività e l’immaginazione attraverso la musica. Da noi il musicista è attivo, è parte integrante del progetto. Per questo molti di loro si appassionano e instaurano con noi dei rapporti che vanno al di là della musica. Ti posso citare Fry Moneti oppure Gaetano Guerino, chitarrista marchigiano. Altro amico musicista è Corrado Guidi, chitarrista attivo in Earthtone come tone designer, cioè è colui che definisce i dettagli del suono del pedale. Se ci dice, per dire, che il delay manca di qualcosa, noi lo seguiamo e ci fidiamo di lui. Abbiamo totale fiducia nei nostri musicisti. Può capitare per esempio che io prenda il telefono e faccia una chiamata ad un amico per avere un consiglio sulla creazione di un pedale. È il modo che utilizzo per far sentire tutti parte del progetto. Così anche lui è entrato in Earthtone, Earthtone è sua in quel momento. Mi dicono spesso che i prodotti Earthtone creano dipendenza, che non puoi farne a meno. Questo perché ci vivi dentro, perché li hai costruiti tu insieme agli altri. È una creazione che dopo un po’ non puoi abbandonare, è come un figlio! Noi non vendiamo un mero prodotto e gli artisti non sono consumatori. È molto di più perché siamo tutti accomunati da un fuoco che sentiamo dentro. Questo è il nostro carattere e siamo sicuri che il mercato ci premierà”.
Avete in programma collaborazioni o progetti futuri?
“Sì, ci teniamo molto alle collaborazioni. Credo che ci voglia una grande apertura mentale per condividere i progetti e poca paura di far vedere ciò che hai fatto. Tutto ciò che è prodotto è copiabile, ma tutto ciò che è creatività, immaginazione, che ha dietro carattere e passione non si può copiare. Ora in ballo abbiamo diverse collaborazioni. Abbiamo iniziato un progetto con dei ragazzi che si occupano di software e di microswitch, con i quali svilupperemo un’app che possa controllare il pedale analogico attraverso una piattaforma iOS. Ricordiamo inoltre la collaborazione con la New Model Label, etichetta indipendente di Ferrara. È un’agenzia molto friendship, che sta vicina agli artisti e li segue passo passo. Govind (Singh Khurana, il presidente dell’etichetta, ndr) è uno che va ancora in giro a scoprire novità, alla vecchia maniera, e che gli interessa capire le esigenze degli artisti. Con noi si occupa di promozione e marketing delle nostre creazioni. Infine a fine mese (ottobre, ndr) abbiamo in programma di andare a Londra ad una storica fiera di strumenti musicali e amplificatori. Nell’ultima edizione abbiamo conosciuto un ragazzo interessato ai nostri pedali, con il quale siamo rimasti in contatto e che andremo a trovare. Sarà un’esperienza straordinaria! È grazie a questi eventi che possono nascere le collaborazioni. Dimmi te come fai a far nascere qualcosa se mandi una mail al commerciale di una azienda qualunque con le slide anonime. Non funziona così ad Earthtone!”
Siamo arrivati ormai al caffè, ci stiamo per incamminare verso l’uscita quando a Luca arriva una chiamata. “Sì sì arrivo, ti porto qualcosa per pranzo!”. É un suo collega in officina, in attesa del pasto promesso. “Non sai quante volte sono uscito fuori a pranzo con clienti e colleghi. La convivialità è tutto nei rapporti umani. Amo stare in giro e andare di persona a incontrare le persone. Poi magari non nasce niente, ma non importa!”
Una frase simile, presa fuori dal contesto, può sembrare la scusa perfetta per non impegnarsi a fondo in un business. Metti caso che non dovessero arrivare i risultati, ci si copre così. In fondo quello che conta è divertirsi. Banale? Forse. Ma come cantano i Modena City Ramblers del loro amico Fry Moneti in Una Perfecta Excusa, “Una perfetta scusa per vedere come siamo/E’ sapere che è ancora molta la strada da fare/Lascia la porta aperta a tutti i viaggiatori/Perchè i sentieri giusti vanno percorsi insieme/E alla meta arriviamo cantando o non arriva nessuno.” E qui ogni dubbio si dissipa. Lo spirito di Earthtone infatti è proprio questo, un cuore analogico vivo e pulsante che vibra per la bellezza del sentirsi parte di un tutto. L’importante è il viaggio, non la meta. E se i risultati non arrivano non conta perché ciò che importa è lasciare un segno attraverso i propri pedali. La loro forza sta tutta qua, essere sempre coerenti con se stessi per inseguire i propri ideali. E non possono far altro che ispirare tutte le realtà che vivono di musica.
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